"La prima lettera di HIV sta per 'Human'. E voglio che non lo dimentichiate".
Blanca Evangelista, 2x07
Se c’è una frase che riassume perfettamente il legame tra la serie tv Pose e il World Aids Day, che si è tenuto ieri, è proprio questa. Umanizzazione. Di una malattia, di un contagio. In una comunità, quella lgbt a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90, messa ai margini della storia e considerata reietta. Una comunità di grandi sognatori con una panchina come giaciglio, omosessuali con il talento del ballo cacciati dalle proprie famiglie, ragazz* transessuali dalla bellezza sfolgorante, belli come le modelle delle copertine dei giornali, che combattevano la fame con un po’ di amore regalato per pochi soldi.
Ma sarebbe riduttivo definire Pose una serie sul tema dell’AIDS. “Pose” è la celebrazione di un vero e proprio manifesto culturale, quello del ball, attorno al quale si diramano i mille rivoli di esistenze ordinarie rese luccicanti dalle luci di una ribalta spettacolare, ma nascosta ai più.
Nato da un’idea di Ryan Murphy (Nip/Tuck, American Horror Story), Brad Falchuk e Steven Canals per FX, trasmesso in Italia da Netflix, e composto da due stagioni (da 8 e 10 episodi ciascuna), Pose vede protagonista una lunga schiera di personaggi appartenenti alla comunità lgbt, soprattutto omosessuali, transgender e non-binary. Tra i personaggi principali ricordiamo MJ Rodriguez nei panni di Blanca Evangelista, Indyra Moore nel ruolo di Angel Evangelista, Dominique Jason come Elektra Abundance e infine Billy Porter, diventato celebre per dare voce e anima al Maestro di Cerimonia Pray Tell.
Le ballroom
Il fenomeno delle “ballroom”, le sale da ballo di cui parla Pose, è nato negli anni ’70 in America come substrato della cultura queer ed esploso poi nel decennio successivo. Caratteristica dei ball è quella di vedere i partecipanti sfilare, ballare e competere tra loro in alcune categorie stabilite (chiamate dal Maestro di Cerimonie con la ormai celebre frase “The Category is…“, presente anche nella sigla della serie) per emulare altre identità di genere e classi sociali. La gran parte dei partecipanti al ball appartengono a gruppi conosciuti come “houses” (case), gestiti da una figura carismatica chiamata convenzionalmente “Mother” o “Father“.
Nel documentario Paris is burning del 1990 (disponibile in Italia su Netflix), diretto da Jennie Livingston, i protagonisti del ball parlano della loro passione come “quanto di più vicino alla realtà ci sia a una realtà di fama, fortuna e riflettori“. In questo, Pose è molto fedele al concetto di “ball” come piccolo, colorato, scintillante mondo nel quale essere protagonisti di una storia fantastica, senza subire il pregiudizio di una società etero-normata che allora assisteva all’ascesa di un universo tanto suadente quanto insidioso: quello del lusso targato Donald Trump.
Pose: prima stagione
Pose, nella sua prima stagione, racconta della lotta senza quartiere tra le varie “houses“, piccole comunità familiari nelle quali trovavano rifugio ragazzi omosessuali senzatetto e ragazze transessuali senza alternative alla prostituzione, specialmente di nazionalità afroamericana o latina, alle prese con affascinanti sfide di vogueing, stile di danza basato sull’emulazione delle pose plastiche dei modelli sulle copertine dei giornali e reso celebre da Madonna nel 1990 con la hit Vogue.
Quando Blanca (Mj Rodriguez), membro della sofisticata house of Abundance guidata da una intrepida e glaciale Madre di nome Elektra (Dominique Jason), decide di uscire dalla house e di fondarne una propria, s’imbatte in Damon (Ryan Jamaal Swain), giovane e talentuoso ballerino gay senza una casa. Sarà il primo membro della sua nuova house, che metterà insieme ragazzi accomunati da piccoli, grandi sogni ed esistenze poco fortunate.
Sarà proprio grazie alla voglia di riscatto da una quotidianità fatta di espedienti, povertà ed emarginazione che i ragazzi del ball troveranno il coraggio di uscire dal loro nido di piume e paillettes, e di affermare il proprio diritto ad essere se stessi per la prima volta al di fuori delle quattro mura scintillanti della sala da ballo.
Sullo sfondo di un’emozionante corsa ad ostacoli tra cadute e vittorie c’è lo spettro dell’HIV, che comincerà a bussare alla vita dei protagonisti e che, nella sua ferocia spietata, condizionerà fortemente gli equilibri emotivi della comunità.
Pose: seconda stagione
La narrazione della seconda stagione comincia negli anni 90.
Se da un lato la cultura del ball sta diventando mainstream grazie a “Vogue” di Madonna, prima in classifica, dall’altro lato l’avanzata del virus HIV, che prosegue inarrestabile, ha raddoppiato i contagi in pochissimo tempo.
È un‘alienazione dolorosa quella dei malati di AIDS in America in quegli anni, mai così presenti eppure invisibili per la società. Protagonisti di un oblio dettato dal disprezzo e dallo stigma. Isolati nella vita come nella morte, i loro corpi saranno sepolti lontani dagli altri nelle zone più remote dei cimiteri di NY.
Se con la prima stagione di Pose si lotta soprattutto per se stessi e per i propri sogni, nella seconda la comunità si ritrova a combattere unita per alzare la propria voce all’unisono, contro la violenza e l’indifferenza dell’agiato mondo dei “bianchi” e perfino contro la chiesa, quando questa, disgraziatamente, condannerà l’uso del profilattico (la scena della protesta pacifica nella chiesa di St. Patrick nella 2×01 è ispirata ad un fatto realmente accaduto).
Il privilegio di sopravvivere metterà a durissima prova Blanca e Pray, in caduta libera verso l’incubo AIDS, che dovranno sottoporsi ad una terapia farmacologica molto dura: sono gli anni della sperimentazione dell’AZT, antiretrovirale dai preoccupanti effetti collaterali. Sarà la paura a dominare tutti i loro istinti. La paura di morire, ma anche la paura di vivere.
Parallelamente a questo, l’exploit di “Vogue” di Madonna e la sua lunga permanenza in classifica, che contribuiranno alla diffusione del “ball” nella cultura di massa, porterà Damon e Angel a nuove conquiste e consapevolezze.
Una seconda stagione dalla scrittura notevole ed emozionante, in cui non mancano scene iconiche sin dalla prima puntata e dai dialoghi serratissimi, spiazzanti, che sapranno far ridere come piangere.
“Pose” è un mondo dove le luci, i colori e la stravaganza celano l’annoso dramma dei diritti della comunità lgbt, e soprattutto delle persone transgender, private di un lavoro, ghettizzate da una città che li rifiuta. Un dolore che sarà guarito solo dal sogno di posare per una vita splendente solo nei propri sogni.