“Chi l’avrebbe detto… sento solo la musica!” recita CARIOCA di Raphael Gualazzi. E sembra essere il leit motiv di questo 70° Festival di Sanremo, il primo da direttore artistico e conduttore di Amadeus, quello di “vorrei la mink*a nera“, quello di “per me è la cipolla“, quello del profilo di coppia su Facebook con la Civitillo ma, soprattutto, l’ingenuotto calatosi nella fossa dei leoni che un mese prima del Festival è riuscito nella difficile impresa di far incazzare tutti, ma proprio tutti gli spettatori.
E questa prima serata del suo Sanremo, al netto delle canzoni (di livello superiore all’anno scorso), sembra avere una precisa volontà: quella di rifarsi una verginità morale, spazzare via le polemiche sul sessismo nate alla conferenza stampa circondandosi di donne parlanti e pensanti e proponendo momenti di riflessione, forse troppi, per dimostrare che no, non è l’orco brutto e cattivo disegnato dai social ma un uomo che rifiuta la cultura del patriarcato e ha a cuore le donne.
Intento lodevole, chiariamoci, ma che fa storcere il naso laddove non sorprende più, deborda nei tempi e penalizza l’esecuzione delle canzoni in gara. Il risultato è stato un kick off per molti versi faticoso da seguire e da sopportare fino all’una e mezza di notte.
La scenografia
Gaetano Castelli rimette al centro – finalmente – una scalinata. Una scalinata vera, da grande soirée, che finalmente mette in magazzino gli stretti e angusti montacarichi con i gradini a comparsa degli ultimi anni. Il resto è un trionfo di onde e leggerezza, a rappresentare la “musica che danza”. Sempre suggestiva la fossa degli orchestrali sotto al palco.
Di certo una delle scenografie più belle degli ultimi anni, che la regia di Stefano Vicario ha saputo valorizzare dandone la giusta profondità.
La conduzione
Dopo due edizioni sostanzialmente soporifere in quota Baglioni, con i suoi tempi morti e la sfiancante liturgia dei duetti con ospiti, la conduzione è tornata nelle mani di un vero presentatore, e se ciò ha permesso allo spettacolo di avere una buona fluidità, dall’altro lato lo ha appesantito di riempitivi che hanno reso la seconda parte della diretta (dalle 23 in poi) un’insostenibile carrellata di ospiti e marchette – in alcuni casi tutt’altro che necessari – che ha finito per diluire in maniera ingiustificata l’esibizione di un numero tuttavia contenuto di big (12).
E poi c’è Fiorello, che da 60 anni convive con la sindrome dell’animatore, uomo di spettacolo che tra le sperimentazioni in radio, tv e social ha un po’ perso di vista il focus dello show in prima serata. Entra vestito da sacerdote, fa il guascone, scherza con i vertici rai, sfotte Amadeus, il tutto con quella solita aria da simpaticone che va bene per un gioco aperitivo a bordo piscina ma che risulta ridondante e banale per il Festival di Sanremo. C’è di buono che ad un certo punto della serata non si è più visto.
C’è anche Tiziano Ferro, che non conduce ma fa quello che dovrebbe riuscirgli meglio: cantare. Si cimenta con due pezzoni della storia di Sanremo, che quest’anno raggiunge quota 70 edizioni: Nel blu dipinto di blu di Domenico Modugno e Almeno tu nell’universo di Mia Martini. Lo fa ai limiti del parossismo, lasciandosi sopraffare dall’emozione. Overdramatic, persino per lui. Ci giunge l’emozione ma non ci suscita empatia.
Chiudiamo con Diletta Leotta e Rula Jebreal. Se la prima recita la parte della gnocca e nel suo monologo (il trionfo della retorica) scomoda persino sua nonna in modalità “Giulio Andreotti da Paola Perego“, tanto che è più divertente seguire sui social chi posta le sue foto di dieci anni fa ante-chirurgia estetica, Rula Jebreal fa ciò per cui è stata chiamata, ovvero parlare della violenza di genere (e, in via subordinata, offrire un salvacondotto ad Amadeus). Lo fa bene, con l’intelligenza di contrapporre episodi di stupro e femminicidio a testi musicali come Sally e La donna cannone, scritti da uomini che in questo caso hanno saputo intercettare la fragilità delle donne e raccontarla in musica, renderla arte. A differenza della Leotta, però, la Jebreal sembra un alieno per tutto il resto della messa cantata.
Le canzoni
In queste prime sere vota la giuria demoscopica. Aprono le nuove proposte: a passare in semifinale nella prima sfida del piccolo torneo dei giovani è Tecla, una piccola Laura Pausini impegnata che con 8 marzo ci canta “Siamo petali di vita che hanno fatto un giorno la rivoluzione” (grazie, ma no) e batte i favoriti Eugenio in via di Gioia con “Tsunami“, che forse pagano lo sguardo allo xanax di Eugenio Cesaro, il vocalist.
La seconda sfida è vinta da un figlio d’arte, Leo Gassman, già visto a X Factor nel 2018. La sua canzone “Va bene così” è un brano sull’autoaccettazione, e nonostante contenga versi criptici (Asimbonanga?) riesce a vincere contro il romagnolo Fadi, che festeggia la sua sconfitta urlando “Viva la Romagna, viva il Sangiovese“. La sua “Due noi” purtroppo sconta un’esibizione urlata e i farfugliamenti incomprensibili di una dizione disastrosa.
Velocemente sui big: apre Irene Grandi, che ritroviamo 50enne rocker (e sì, ci fa effetto), con un pezzo di Vasco e Curreri dal quale ci saremmo aspettati decisamente di più. Lei è decisamente più in forma del suo pezzo, che arranca con un testo banalotto e sciapo, dai versi spesso incompiuti in metrica. A 50 anni si dovrebbe poter raccontare se stessi con maggiore profondità di “da sempre arrabbiata da sempre sbagliata / ma quando canto sto da Dio“. (voto 5,5).
Bocciato Marco Masini (4), che segna il cartellino del suo ottavo festival (il terzo in sei anni, anche basta) e davvero non ne sentivamo il bisogno. Se escludiamo i brani degli esordi e la vittoria nel 2004, Masini non ha mai lasciato il segno in nessuno dei suoi Festival, e “Il confronto“, brano di quest’anno, sarà l’ennesimo saltatraccia nelle compilation sanremesi. Masini un tempo divideva il pubblico, sapeva intercettare un disagio generazionale (grazie anche alla penna di Bigazzi), oggi annoia. Anche se canta “Hai vinto tutto e sei stato uno stronzo”.
Pessime proposte anche per i due ex amici di Maria Alberto Urso (“Il sole ad est”, voto 4), il tenorino tanto pomposo quanto monotono che al massimo potrà aspirare a fare da colonna sonora ai lenti del trono over di Uomini e donne, e Riki, che gioca a fare il Justin Bieber nostrano con “Lo sappiamo entrambi” (voto 5) e si avvia verso una lenta sparizione, citofonare Einar.
Rimandate Le Vibrazioni, che con “Dov’è” (voto 5,5) ci propongono una power ballad sbottonata (parlo della camicia di Francesco Sarcina) che ci fa rimpiangere i fasti del rock anni ’70 di “Ovunque andrò”. Ci regalano, tuttavia, il momento più emozionante della serata: il ritorno del maestro Beppe Vessicchio. Social in deliquio.
Buona performance per Anastasio con “Rosso di rabbia” (voto 7) che a 22 anni, vestito come Eminem, ha tutto il diritto di urlare la sua rabbia verso “voi scrocconi di emozioni sempre in cerca di attenzioni“. Per lui un inciso fortissimo che incontra rock e qualche interessante variazione blues.
Chi non deludono le aspettative sono Diodato, Bugo e Morgan e Raphael Gualazzi. Il primo torna dopo la splendida “Adesso” di due anni fa, e propone un pezzo, “Fai rumore” (8) molto simile nella tematica – l’incomunicabilità – in una performance intima viaggiando sulle note di una melodia ampia e aperta, che rende giustizia alla sua importante estensione vocale. È oggi uno dei pochissimi a saper unire cantautorato e “bel canto” all’italiana.
Bugo e Morgan giocano con la musica esibendosi in “Sincero” (7-), echi anni ’80 che ricordano Enola gay e tutta la scafatezza di un approccio indie. Peccato che Morgan abbia ormai meno potenza vocale di Romina Power e releghi Bugo a mero comprimario. Frase cult “Volevo fare il cantante delle canzoni inglesi così nessuno capiva che dicevo“.
Raphael Gualazzi lascia il jazz e ci propone una salsa fusion con orchestra aggiunta, che regala tutti i colori del Brasile. “Carioca” (voto 8) è un affresco musicale variopinto e interessante e Gualazzi al pianoforte si riconferma un fuoriclasse.
Menzione a parte per Rita Pavone con “Niente (Resilienza 74)“. Al netto delle sue discutibili sortite sui social, a Rita va dato il merito di rimettersi in gioco in gara a 74 anni con una proposta moderna. È lei, col suo graffiato inconfondibile, la vera proposta rock del Festival 2020. Gode dell'”effetto Bertè” e si becca la sua prima standing ovation. Non vincerà, ma uscirà da questo Festival con rinnovato entusiasmo artistico come chi l’ha preceduta.
Spettacolare Achille Lauro, che si presenta scalzo e vestito come il simulacro Madonna Addolorata, per poi esplodere in un trionfo glamrock con tanto di tutina di paillettes. “Me ne frego” (7,5) è meno d’impatto di “Rolls Royce”, ma è proprio Achille Lauro il valore aggiunto. Ormai sicuro di sé, provoca e scardina i dettami del binarismo di genere giocando con la sua immagine, come ai tempi hanno fatto la Oxa e la Bertè. Un vero performer totale, anche se vocalmente debole. Ma di questo “ce ne freghiamo“. Ha già vinto.
Numero uno della serata ELODIE, che con “Andromeda” (voto 9) spazza via tutti gli altri. Il pezzo è firmato dai campioni in carica Mahmood e Dardust. Elodie arriva sul palco firmata Versace, elegantissima, e orchestra l’esibizione di un pezzo moderno, policromo, spiazzante, elettrico come una vera diva d’altri tempi, con un approccio quasi metafisico. Andromeda, ad oggi, è la nostra proposta perfetta per l’Eurovision Song Contest.
Classifica parziale
Gli ospiti
Sovrabbondanti, invadenti. Se dare spazio a 4 conduttori + Tiziano Ferro non è stato semplice, gestire una mole impressionante – e ingiustificata – di ospiti ha immobilizzato la parte centrale della serata.
Se il tributo ad Albano e Romina Power – doveroso, sentito, apprezzato e iconico – ci ha divertiti e coinvolti (fosse solo perché Felicità e Nostalgia canaglia fanno ormai parte del nostro patrimonio genetico musicale, nonostante lui rischi di cadere dalle scale e lei sia vestita con tenda e ciabatte), meno interessante è stata la celebrazione di Emma Marrone con tanto di passerella in piazza. Bella l’idea di unire due dimensioni tra loro diverse (il pubblico impomatato sulle poltrone costose dell’Ariston Vs. la piazza), ma del tutto pretestuosa se la si mostra senza poi effettivamente viverla.
Terribile, poi, la marchetta del film di Gabriele Muccino “Gli anni più belli” con l’immancabile Favino (ormai più molesto di Beppe Fiorello) e la solita cricca romana di “Romanzo criminale”.
Superflua, ci spiace dirlo, la partecipazione di Gessica Notaro con Antonio Maggio, che all’una e passa di notte ci cantano “La faccia e il cuore“, canzone scritta da Ermal Meta che racconta la storia della ragazza sfregiata dall’acido. Nonostante gli intenti apprezzabili, la canzone sembra quasi uno scarto del cantautore albanese, tanto da ricordare ben due brani più famosi, “Pensa” di Fabrizio Moro e “Vietato morire”, dello stesso Meta.
Così parlò Zarachoosy
[Siamo tutti un poco Fegiz]
Come di consueto su BL Magazine, ospitiamo le pagelle dell’irriverente “eminenza grigia” della nostra redazione.
#Anteprima: un plauso ed un abbraccio sincero a Vincenzo Mollica (estremamente provato nel fisico) che dallo storico balconcino introduce l’Italia alla kermesse
#Sigla Voto NP – Non Pervenuta
#Scenografia Voto 8.5 – l’highlander Castelli (probabile inventore delle Skenè) ci regala un palco dall’atmosfera eurovisiva a metà tra il vetro di murano ed un triquetra celtico.
#Fiorello Voto 4 – Per chi ambisce ad essere il Rocco Casalino di qualcun altro, non c’è misericordia, la politica andrebbe lasciata fuori dalla conduzione (anche per una spalla), inutile votarsi alla “beata” De Filippi o allo sfinente don Matteo.
#Amadeus Voto 5.5 – non amo il suo stile (o non stile che dir si voglia) ma devo riconoscergli una chiarezza nel parlato che si contrappone al caravanserraglio di presenze sul palco che per tutta la durata del festival, tra monologhi improbabili e gag da brutto avanspettacolo, caratterizzano la prima serata. Magari evitasse di dire bella, bellissima e “per la prima volta” ogni 2×3, sarebbe meglio.
#Diletta Leotta Voto 4 – se non fosse stato per la nonna (non l’orrendo monologo che la riguardava) non sarebbe andata oltre il 3, outfit da Barbie e fiera della sua soubrettitudine per fortuna ce la siamo levata con la prima serata
#Rula Jebreal Voto 6 – elegante e misurata commuove l’Ariston con il monologo sulla violenza sulle donne
#Eugenio In Via di Gioia Voto 7 – demenziali ma piacevoli, la banda bassotti morsa da una Tarantola conquista solo il 49.4% dei voti con le sue sonorità etnico-tribali-demenziali, peccato
#Tecla Voto 5 – in uno smanicato jeans l’Alessandra Amoroso afona passa il turno grazie al testo
#Fadi Voto 4 – Si salva solo il color senape indossato, della sua canzone(parolone!!!) resta solo un “per le strade di Bologna”
#Leo Gassmann Voto 5 – visibilmente emozionato indossa una tuta dimagrante camouflage e passa grazie al cognome
#Tiziano Ferro Voto 6 – sale sul palco per ben tre volte, ma nelle prime due occasioni, lontano dalla confort zone delle sue canzoni, non eccelle. Volare è un capolavoro, ma anche basta. Mimì merita sempre un omaggio ma “Titti caro” non ci arriva ed improvvisando una chiusa da recital di Milva, mette a rischio una carriera. Nella marchetta promozionale, fa il suo dovere.
#Irene Grandi Voto 6.5 – in un brano che al primo ascolto direi star meglio sulle corde dell’autore (V.Rossi), la toscanaccia, truccata da un cieco e vestita “un po’ così”, non è al massimo ma l’apertura del Festival non è mai facile. Nutro speranze
#Marco Masini Voto 6 – il bolscevico al pianoforte urlacchia un po’ ma il brano, simile alle ultime produzioni, non è male, resterà nella metà alta della classifica
#Rita Pavone Voto 4 – un brano incomprensibile, e mi riferisco proprio alle parole che non si capiscono per via della troppa chirurgia, interpretato in maniera sguaiata. Voglio sperare che la standing dell’Ariston, fosse dovuta alla volontà di andarsene
#Achille Lauro Voto 4.5 – mai avrei immaginato di arrivare a dire “Preferivo RollsRoyce” … ma tant’è … David Bowie perdonalo
#Diodato Voto 7.5 – magrolino com’è, sparisce nel cappotto alla Neo di Matrix ma presenta un brano sanremese molto poetico e perfettamente adagiato sulla sua gran voce
#Le Vibrazioni Voto 7 – Sarcina è insopportabile nel suo atteggiamento da Jack Sparrow de noantri ma la canzone (che in alcuni punti seconde me plagia un po’ Ultimo) è musicale e radiofonica. Tre plausi: il LIS, l’outfit da Arancia Meccanica del batterista e PEPPE VESSICCHIO.
#Anastasio Voto 5 – Arrangiamento NI, testo NI, look NI … se non fosse per l’inciso (Panico,Panico) la sua presenza andrebbe cestinata ma il brano passerà tanto in radio
#Elodie Voto 5 – troppo Mahmood, decisamente troppo … tra qualche stecca e le “zizze da fuori” Elodie sembra presentare il remix del brano di qualcun altro
#Bugo e Morgan Voto 6 – manca un po’ di fiato a Morgan e Bugo non parte benissimo, il brano è bello però forse le due voci non sposano alla perfezione
#Alberto Urso Voto 5.5 – il tenorino porta sul palco un branetto da poco e non eccelle nel cantato, soprattutto nella parte più lirica … lo preferisco nei toni caldi e profondi dell’inizio canzone
#Riki Voto 4 – i risvoltini sulle maniche di una giacca li portava la Oxa negli anni 90, inguardabili! La canzone è insulsa e la parte distorta è quasi fastidiosa
#Raphael Gualzzi Voto 7 – brano ritmato perfettamente valorizzato dai fiati e dal pianoforte perde qualche decimo di punto per il falsetto non proprio a registro
#Al Bano e Romina Voto 7 – fa sempre piacere vedere storici artisti sul palco mentre ripercorrono la propria carriera ma il playback dell’inedito malgiogliano è INACCETTABILE, capisco la necessità di tamponare le stonature di Romina (Power, non Carrisi che sta imbalsamata a lato) ma all’Ariston si canta o si sta a casa
#Gli anni più belli (cast) Voto 6 – una marchetta a serata è obbligatoria, piacevoli Santamaria e Rossi Stuart un po’ meno la Ramazzotti e Favino
#Emma voto 8 – appare col cast del film ed in un momento tutto suo, sul palco di Sanremo sa muoversi e poi, io che non la amo particolarmente, di lei apprezzo il periodo “modiano” … ognuno ha le proprie pecche, pure io!
#Gessica Notaro e Antonio Maggio Voto 10 – non esprimo giudizi sul brano ma premio il coraggio ed il messaggio
E infine ….
#Classifica prima serata Voto 7 – invertirei Gualazzi con Elodie … ma in linea di massima mi trovo abbastanza
Dati auditel prima serata Sanremo 2020
La prima serata, nell’intervallo compreso tra le 21.35 all’1.27 ha totalizzato 10.058.000 spettatori, pari al 52.2% di share. Nel dettaglio, la prima parte della serata – dalle 21.35 alle 0.00 – ha raccolto 12.480.000 spettatori con il 51.24%, e la seconda parte – dalle 0.05 all’1.27 – ha totalizzato 5.698.000 con il 56.22%.
La gara dei giovani Sanremo Start – dalle 20.51 alle 21.32 – è stata seguita da 12.841.000 spettatori (43.96%). (dati Davide Maggio)
La media di share del 52,5% è la più alta dal 2005, edizione diretta da Paolo Bonolis.
Anticipazioni seconda serata 5 febbraio
Accanto ad Amadeus, Fiorello e Tiziano Ferro, questa sera si presenteranno sul palco Sabrina Salerno (che tutti conosciamo come sex symbol degli anni ’90), Emma D’Aquino e Laura Chimenti (giornaliste del tg1).
Sarà poi la volta della storica reunion dei Ricchi e Poveri, che torneranno alla loro formazione originale. Ai superstiti Angela Brambati e Angelo Sotgiu si riunirà dopo tre anni il baffo di Franco Gatti e, dopo quarant’anni dall’abbandono, la bionda Marina Occhiena. Canteranno “La prima cosa bella”.
Oltre ai Ricchi e Poveri, tornerà Gigi D’Alessio che celebrerà i 20 anni di Non dirgli mai. Ospite d’eccezione sarà anche Palo Palumbo, ragazzo di Oristano malato di SLA che canterà grazie al suo sintetizzatore vocale.
Altro grande ospite sarà Zucchero, che proporrà due brani recenti e uno storico successo “Solo una sana e consapevole libidine”.
Tiziano Ferro si esibirà con un medley di sue hit (Sere nere, Il regalo mio più grande) e “Per dirti ciao” (successo dei Matia Bazar); duetterà poi con Massimo Ranieri in “Perdere l’amore”.
Ordine di uscita BIG seconda serata: Piero Pelù, Elettra Lamborghini, Enrico Nigiotti, Levante, Pinguini Tattici Nucleari, Tosca, Francesco Gabbani, Paolo Jannacci, Rancore, Junior Cally, Giordana Angi e Michele Zarrillo.
Per le NUOVE PROPOSTE: si esibiscono Fasma Vs Martinelli e Lula e Marco Sentieri Vs Matteo Faustini.