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SOUND OF METAL _ Il coraggio di tornare a sentire se stessi (recensione)

- 19/03/2021
SOUND OF METAL (2020)


SOUND OF METAL (2019) nel suo stile quasi documentaristico , attraverso il suono e la sua assenza, indaga sulla ricerca del rumore del proprio Io interiore. Candidato a 6 Premi Oscar.

Ruben, ex tossico, è un batterista che assieme alla sua fidanzata Lou girano gli States suonando per piccoli club. A un certo punto Ruben percepisce uno strano ronzio e di lì a poco, improvvisamente, perde quasi completamente l’udito. Si metterà quindi nelle mani di un ex veterano di guerra, lui pure sordo, che gestisce una comunità di non udenti.
Inizierà quindi un lungo percorso di accettazione per Ruben che però non lo fermerà dal desiderio di “risintonizzarsi” con la sua vecchia vita.

Darius Marder è qui alla sua prima vera prova da regista (in passato partecipò alla stesura della sceneggiatura per il film COME UN TUONO di Derek Cianfrance). Qui però opera per sottrazione giacché SOUND OF METAL si poggia su di una sceneggiatura pressoché scarna, essenziale, per concentrarsi invece sullo studio e il montaggio del sonoro.

Riz Ahmed è Ruben nel film SOUND OF METAL, candidato a Miglior Attore Protagonista per questo ruolo

Attraverso questo processo di sottrazione e modificazione e montaggio del sonoro, Marder riesce a conferire alla sua opera una cifra stilistica per certi versi originale e incisiva che diventa esperienza immersiva per lo spettatore.

Il viaggio interiore del protagonista (un carismatico e bravo Riz Ahmed) diventa metafora di una ricerca della propria voce interiore che messa a tacere dal frastuono esterno e dallo scorrere di una vita satura di rumori e grida e domande viene a perdere della sua autenticità e della sua essenzialità.

SOUND OF METAL ha il merito di guardare con rispetto alla realtà di una comunità di non udenti che nella gestualità e negli sguardi e nel loro riempire lo spazio che li circonda sono capaci di distinguersi l’uno dagli altri – prima ancora che nella fisicità – nel loro esserci, nel loro comunicare e affermare la propria identità.
Forse in certi passi eccede nel suo stile quasi documentaristico, ma credo sia una scelta voluta e ben utilizzata al fine di mostrarci un corpo (quello di Riz Ahmed), ad un certo punto apparentemente svuotato di un significato, ma che nel ritrovarsi nel silenzio assordante che lo aliena dalla realtà circostante, riesce a riconnettersi con suo Io più autentico e profondo.

Nella foto OLivia Cooke nel ruolo di Lou nel film SOUND OF METAL (2019)

Ruben nel suo percorso tenterà ogni strada possibile per tornare a quella che credeva fosse la sola cosa che gli permettesse di vivere e di avere un ruolo nel mondo (la musica e la sua ragazza), ma presto si accorgerà di come questo suono a lui familiare sia necessariamente cambiato, giacché lui stesso è cambiato. La capacità di ascoltarsi lo porterà quindi a sentire anche l’altro e quindi le reali necessità della donna che ama in uno dei confronti più toccanti del film.

SOUND OF METAL ha la capacità di parlare di emozioni umane senza proferire molte parole, ma sempre attraverso la percezione del suono (del vociare confuso della gente, delle macchine, della campane, della natura) riesce a farci comprendere forse la cosa più importante: non aver paura di zittire il mondo, restare in silenzio coi propri pensieri e finalmente ascoltarsi.

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Ossessionato dal trovare delle costanti nelle incostanze degli intenti di noi esseri umani, quando non mi trovo a contemplare le stelle, mi piace perdermi dentro a un film o a una canzone.

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