L’anno 2019 ci ha regalato non poche emozioni sul grande schermo.
Grandi ritorni (su tutti quello di Almodóvar con il suo “DOLOR Y GLORIA” e quello di Quentin Tarantino con il suo “C’ERA UNA VOLTA A… HOLLYWOOD“) e grandi addii cinematografici (la chiusura della terza fase dei supereroi Marvel con l’epico capitolo “AVENGERS-ENDGAME” e il saluto di alcuni dei nostri personaggi preferiti).
Ma cosa ci resta davvero di questo anno appena trascorso?
Quali personaggi, quali film, quali storie, quali registi non possiamo scordare?
In questo speciale di #BLcinema voglio segnalarvi quelli che sono stati i miei colpi di fulmine del 2019.
Titoli che vi invito a ritrovare nel caso li abbiate persi.
Ma segnalerò anche i film che maggiormente mi hanno deluso o che meritano di finire nel dimenticatoio.
Iniziamo proprio dal basso, dal peggio che la scorsa stagione cinematografica ci ha propinato.
Per chi mi segue sa quanto io possa mal sopportare l’operazione attuata a casa Disney di riproporre i grandi classici del passato in versione live action. A oggi ho salvato davvero ben poco di queste produzioni.
Per quanto possa storcere il naso, non posso certo bocciare un film come “IL RE LEONE” che potremmo guardare come a un bel documentario…cantato!
Ma ci sono due titoli che proprio non posso digerire.
Uno è l’elefantino “DUMBO” che, per quanto possa intenerire con quegli occhioni in digitale, proprio non sa spiccare il volo, schiacciato da una sceneggiatura imbarazzante e una regia – quella di Tim Burton – quantomai monocorde e impersonale. Dumbo nel film starnutiva a più riprese, tante volte quanto io sbadigliavo. E neppure gli elefanti rosa mi hanno salvato dalla noia.
Altro titolo imbarazzante è stato certamente “MALEFICENT 2_ Signora del Male” dove abbiamo assistito allo scontro uterino tra le plastificate Angelina Jolie e Michelle Pfeiffer. Per quanto il film sia indirizzato a un pubblico di bambini, non accetto che sceneggiatori e regista possano davvero pensare che i minori sotto i 10 anni siano così ingenui da potersi entusiasmare per questa trama che fa acqua da tutte le parti. A salvarsi sono solo gli outfit della Jolie e il messaggio positivo di una famiglia non tradizionale.
Uno dei peggiori ritorni sul grande schermo è stato quello dei protagonisti degli X-MEN e della sua quantomai bidimensionale DARK PHOENIX. Va bene che vi era necessità di chiudere frettolosamente questa saga, ma per dirigere un’accozzaglia di banalità e personaggi al limite del bizzarro, forse era meglio sorvolare. Più che risorgere questa Fenice pare si sia schiantata al suolo.
Nel caso foste un attimo incuriositi poi dal titolo SERENITY- L’ISOLA DELL’INGANNO vi sconsiglio vivamente di salpare per questa isola in cui Matthew McCounaughey viene sedotto da un’ossigenata e imbronciata Anne Hathaway. Il colpo di scena che viene a sorprenderci a 20 minuti (interminabili e pasticciati) dalla fine trasportano quel poco di buono che c’era (le natiche di Matthew) in una soluzione che è davvero ai limiti del paradossale e del ridicolo.
Sparerei sulla croce rossa se dovessi citare titoli come AQUAMAN o quel filmetto per adolescenti ormonate che è stato AFTER. Non sento di voler infierire neppure su buona parte della produzione italiana e delle sue commediole tutte uguali dove gli attori interpretano da decenni ruoli sempre uguali.
Ma è proprio dal cinema italiano che vorrei iniziare a parlarvi dei titoli che sono stati tra i più significativi del 2019.
“IL PRIMO RE” di Matteo Rovere è stato certamente una delle più belle sorprese dello scorso anno. Non sento di considerarlo tra i migliori film usciti, ma è certamente un punto di non ritorno per il nostro cinema che ha avuto l’ardire di sconfinare dalle solite sceneggiature e immergerci in un genere cinematografico così inusuale. Il risultato è stato potente e ha confermato la validità di un attore come Alessandro Borghi.
Un film che sento di consigliare dal cuore è invece “MARTIN EDEN” di Pietro Marcello.
La magnifica presenza di un immenso Luca Marinelli ci porta a guardare alla storia della nostra Italia e al valore dei sogni e alla potenza della volontà. Una storia grande come la vita che appassiona e commuove, sorretta da una sceneggiatura e una regia puntuali e passionali.
Le più grandi emozioni del cinema 2019 arrivano da piccole ma sentite produzioni europee che ci portano a interrogarci sulla nostra identità come nel bellissimo e sconvolgente “BORDER-Creature Di Confine” o sul diritto alla felicità e alla realizzazione personale, scevra da pregiudizi e sessismi, come nel potente e liberatorio “DIO È DONNA E SI CHIAMA PETRUNYA“.
A restare impressi nel cuore di ogni spettatore saranno due attori ( Scarlett Johansson e Adam Driver) e due personaggi Charlie e Nicole che ci ricordano che cosa sia l’amore e la sua fine, sul peso delle parole sussurrate o gridate in faccia all’altro, su come un cuore possa letteralmente frantumarsi. Il film è “STORIA DI UN MATRIMONIO” disponibile su Netflix. Recuperatelo. Subito!
E sempre della fine di un amore e dell’elaborazione del lutto tratta un’altra pellicola che ha illuminato di orrore questo anno appena finito.
Una storia crudele e feroce, alienante e disturbante, una ballata di morte che inesorabile colpisce le zone d’ombra del nostro animo.
A brillare sotto una luce (quella del sole) che implacabile mostra tutte le meschinità della natura umana è la stella nascente Florence Pugh, bravissima nel mostrarsi tanto fragile quanto ambigua.
Sotto la maestosa regia di Ari Aster vi diamo il benvenuto ai festeggiamenti del “MIDSOMMAR“.
Se il 2019 sarà certamente ricordato per quella risata tragica, folle, disperata di Joaquin Phoenix e della sua straordinaria interpretazione nel “JOKER” di Todd Phillips, non ho alcun dubbio sul film che per me ha segnato la mia mente e il mio cuore.
Per la regia di un ispirato e grandioso Bong Joon-ho “PARASITE” (vedi la foto scelta come copertina di questo articolo) è certamente la pellicola più bella mai vista negli ultimi dieci anni.
Un gioco di specchi, di ruoli, di situazioni, di registri narrativi che ammaliano lo spettatore, che lo portano (ingannandolo) sui toni rassicuranti della commedia (amara, cinica) per poi catapultarlo nelle atmosfere asfissianti e imprevedibili di un thriller che non ha vincitori, ma solo perdenti. Una riflessione tragica e sarcastica sulla natura umana in cui il vero parassita è quel desiderio di una felicità preconfenzionata cui non tutti possono ambire.