SUFFRAGETTE apre una pagina di storia che deve essere ancora (ri)conosciuta da molti e che vi invitiamo a riscoprire in questo appassionato e appassionante film del 2015.
Londra, 1912.
Maud Watts è una giovane donna che lavora in una lavanderia industriale di Mr. Taylor, uomo viscido e senza scrupoli che abusa puntualmente delle sue operaie.
Alcune di loro combattono da anni per quei diritti che dovrebbero essergli riconosciuti in quanto esseri umani e al pari dei loro mariti e figli maschi, ma così non è mai stato.
Seguaci volenterose e agguerrite di Emmeline Pankhurst, fondatrice della Women’s Social and Political Union, le Suffragette avvieranno delle azioni di protesta via via sempre più forti e incisive perché la loro voce sia finalmente ascoltata.
Maud, dapprima incerta, ma sopraffatta da una vita di ingiustizie e abusi, prenderà a cuore la causa, perdendo ogni cosa, ma certa di agire per un futuro migliore.
Sarebbe bello credere che le Suffraggete del titolo fossero donne della borghesia, imbellettate e ben vestite che marciano fiere, col sorriso sul volto, come quelle raffigurate nel classico Disney di “MARY POPPINS“. Ma le più grandi conquiste fatte dall’umanità sono costate spesso fatica, sudore e sangue.
Sarah Gavron questo lo sa bene e ha scelto di farci un film forse non perfetto, certo non un capolavoro, ma che possiede un cuore fiero e pulsante. Un cuore di donna.
Avrebbe potuto soffermarsi sulla figura eroica e carismatica di colei che è stata faro e voce di questo movimento femminista, Emmeline Pankhurst. Ma ella ha preferito guardare a quelle donne che non hanno mai ricevuto niente dalla vita, che si sono dovute sudare l’affetto e la stima dei propri mariti, dei propri colleghi di lavoro; quelle donne che erano considerate mai abbastanza, che erano definite stupide, deboli, nevrotiche, impulsive, sentimentali, sognatrici e quindi incapaci di prendere decisioni importanti per se stesse e per la comunità; donne che fin da bambine hanno dovuto piegare il capo e obbedire senza far troppe domande perché in quanto tali potevano essere solo figlie educate, mogli devote e madri apprensive.
Maud Watts è una di queste donne. Lo è fino al giorno in cui decide di dire basta e in cui prende coscienza di non essere né più né meno degli uomini e perciò meritevole dello stesso rispetto, dello stesso salario, degli stessi diritti.
Carey Mulligan (vedi anche “NON LASCIARMI” del 2010 o “SHAME” dell’anno successivo) riesce a conferire al suo personaggio tutta una gamma di emozioni e di sfumature che ben ci restituiscono questo riaffiorare di una propria coscienza e di una propria dignità.
In nome di un ideale e di un diritto (quello di voto) ella dovrà sacrificare tutto: verrà ripudiata dal marito, perderà la possibilità di riabbracciare suo figlio, finirà più volte in carcere, verrà picchiata, torturata, umiliata.
E in questo inferno avrà solo l’appoggio di altre donne altrettanto forti e tenaci, pronte a immolarsi per una causa più grande di loro, perché le loro figlie e le donne del domani non debbano più essere considerate inferiori.
I loro atti, anche quando sono stati violenti, non hanno mai mirato a far “vittime di guerra“. Queste donne volevano semplicemente essere ascoltate, comprese, guardate come esseri umani.
A farci conoscere queste anime resilienti ci pensa la penna della sceneggiatrice Abi Morgan ( che ha firmato la sceneggiatura anche di “THE IRON LADY” del 2011) che si è documentata per mesi, raccogliendo tutto il materiale di archivio, riportando alla luce diari e lettere, volti e nomi di queste eroine intramontabili che per troppo tempo la Storia ha volutamente ignorato.
E se Meryl Streep si è prestata per quei pochi, ma incendiari minuti in cui veste i panni di Emmeline Pankhurst e si rivolge alle sue consorelle con orgoglio (a tal proposito vi consiglio di guardare il film in originale così da apprezzare pienamente la recitazione delle diverse attrici che simulano un credibile accento britannico); è un piacere guardare al personaggio interpretato da Helena Bonham Carter. La sua Edith Garraud è una figura importante all’interno del movimento delle Suffragette: dal 1913 ella organizzò dei corsi di arti marziali riservati alle sole donne perché imparassero a difendersi dai poliziotti e dagli abusi degli uomini.
Il film si chiude sulle immagini di repertorio del funerale di Emily Davison, la donna che perse la vita sotto il cavallo di re Giorgio V per guadagnare l’attenzione dei media. Si dovette arrivare a questo perché le Suffragette e le loro richieste non venissero più ignorate.
Ed è un messaggio da non sottovalutare quando ancora oggi tante donne sono lì a lottare anche solo per il loro diritto di vivere.
Solo a partire dal 1918 alcune donne poterono accedere alla possibilità di votare nella Gran Bretagna e questo è certamente merito delle Suffragette, ma la lunga storia del diritto di voto (Clicca QUI per leggere di più sull’argomento) è un processo tortuoso che cambia di paese in paese, di cultura in cultura.
La lotta per un’ ideale di uguaglianza nel mondo non è ancora finita.
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