Nel mese dell’orgoglio LGBT vogliamo riscoprire un paio di pellicole che coraggiosamente o provocatoriamente hanno voluto portare sul grande schermo una realtà che nel corso degli anni non poteva più essere taciuta, ma bensì riconosciuta, accettata, abbracciata, guardata con rispetto: quella della comunità gay, lesbo, trans.
In questo speciale di #3filmchenonsapevidivolervedere nello specifico andremo a riscoprire 3 pellicole che hanno per protagonisti persone transgender.
Il primo titolo scelto è anche il primo che in un certo senso si allontana dalla tematica di questo articolo, ma che ho deciso di inserire per la sua forte valenza politica, mai così attuale in questo periodo di dibattiti all’interno di certe realtà femministe TERF e dopo le recenti e discutibili posizioni delle militanti di arcilesbica (di cui abbiamo parlato in questo articolo).
Il film in questione è WOMEN IN REVOLT (1971) di Paul Morrissey, pupillo della Factory di Andy Warhol .
Per quanto oggi il cinema underground e sperimentale degli anni settanta possa risultare disconnesso dal nostro presente, questo film come dicevo è estremamente attuale.
WOMEN IN REVOLT parla di donne e di femminismo radicale, guarda a temi scottanti come lo stupro e lo sfruttamento e la mercificazione del corpo, ma anche di identità di genere e di emancipazione femminile.
Come buona parte della produzione della Factory il prodotto potrebbe presentarsi a un occhio distratto come qualcosa di superficiale, ma al contrario è profondo. La lente deformante di Morrissey esaspera le situazioni, i dialoghi, i colori, e disegna le caricature di tre femministe che sono però anche (e prima di tutto) riflesso di un disagio giovanile che è sempre il medesimo e che si scontra con una società che fatica ad accettare.
Ma qual è la particolarità predominante di questo film che tratta di femminismo? Le tre donne sono interpretate da tre donne trans: Candy Darling, la divertente Jackie Curtis e Holly Woodlawn. La scelta di far interpretare a persone non nate donne delle donne emancipate è prima di tutto teorica e solo dopo provocatoria: chi meglio di chi sceglie di essere donna potrebbe farci riflettere su cosa significhi davvero essere donna?
Passiamo a un titolo di rara bellezza e delicatezza, per la regia ispirata di Neil Jordan. Parliamo di BREAKFAST ON PLUTO (2005)
Dopo il sorprendente LA MOGLIE DEL SOLDATO (1992) il regista di INTERVISTA COL VAMPIRO (1994) torna a esplorare l’universo transgender portando sullo schermo il romanzo di Patrick McCabe. Il film, ambientato negli anni ’60 e ’70 nell’Irlanda occupata dagli inglesi e rivendicata dall’IRA, segue le vicende del giovane trovatello irlandese Patrick Braden, abbandonato da entrambi i genitori, che, scoperto il suo vero io, si trasforma nella bella e ingenua Patricia, detta Kitten. Ella si metterà alla ricerca della madre che l’ha abbandonata.
Come la MOGLIE DEL SOLDATO questo film potremmo definirlo di frontiera, non solo politica e geografica, ma prima di tutto identitaria in cui la storia in divenire di un paese coesiste con il divenire di un personaggio deliziosamente interpretato da un Cillian Murphy ispirato e convincente che ha saputo delineare la sua Kitten senza cadere in facili stereotipi. Un film poetico e vitale.
E chiudiamo questa rassegna con un titolo divenuto in reve tempo un piccolo cult.
LAURENCE ANYWAYS (2012), terzo film del regista Xavier Dolan.
Canada, 1989. Laurence è uno stimato professore di letteratura in un liceo di Montréal. Nel giorno del suo 35esimo compleanno egli confessa alla sua fidanzata, la regista Frédérique, di aver sempre mentito e che ha sempre sentito di essere nato nel corpo sbagliato. Ha quindi deciso di riappropriarsi della sua vera identità per troppo tempo nascosta. Fred, inizialmente sconvolta, decide comunque di restare accanto alla persona che ha amato per due anni. Il loro percorso sarà costellato di difficoltà che metteranno a dura prova il loro amore.
Certamente questo film, benché tocchi tematiche forti, è il più delicato e il meno urlato dei lavori di Xavier Dolan che, pur non rinunciando alla sua cifra stilistica (l’uso dei colori, la cura delle scenografie e l’utilizzo della fotografia, fino alla presenza importante di una colonna sonora che guarda agli anni ’80 e ’90), riesce a guardare con rispetto a una vicenda di cui egli può farsi solo testimone. Una storia di coraggio (Laurence, non più giovane, decide di rinunciare a tutte le certezze acquisite in nome di una verità che deve a se stesso) e di amore (grande, libero, appassionato, oltre le convenzioni) impreziosito dalla splendida alchimia e credibilità dei suoi protagonisti: Melvil Poupaud (vedi anche GRAZIE A DIO di Ozon, 2019) e Suzanne Clément, attrice e musa di tanti film di Dolan tra cui il suo più celebre MOMMY (2014).